La lunga storia de “Il Teatro delle Dieci” (per chi ha voglia di leggerla e conoscerla)

Nato nei lontani anni ’50, dalla volontà di alcuni giovani attori, Adolfo Fenoglio, Carla Torrero, Annamaria Mion, Piera Cravignani, Luciano Donalisio, Renzo Ceppa, Bob Marchese, Franco Alpestre, Wilma D’Eusebio e Elena Magoja, provenienti da importanti scuole e compagnie teatrali torinesi, si propone di creare un gruppo di lavoro capace di rompere con gli schemi tradizionali del teatro istituzionale e di promuovere un modo nuovo di “fare teatro”: testi innovativi, recitazione non convenzionale, luoghi non deputati alla rappresentazione.

La sperimentazione e la libertà espressiva diventano i tratti distintivi della “Compagnia Sperimentale del Teatro Contemporaneo” che nel 1958, dopo un’intensa attività, diventa la compagnia “Il Teatro delle Dieci”, nome ispirato a quello della cave parigina “Theàtre des Dix Heures” e scelto in ragione del fatto che gli spettacoli iniziano alle ore ventidue.

Per le prime esibizioni la Compagnia Sperimentale si accontenta di alcuni teatrini decentrati ma, dopo numerose e inutili richieste presso il Comune per l’assegnazione di un posto stabile, alla fine del 1958, grazie al sostegno dell’amico e ispiratore Nuccio Messina, trova la sua sede presso il Bar Augustus di Via Roma e si dà appunto il nome di “Il Teatro delle Dieci”.

Si inaugura la stagione con uno spettacolo di tre atti unici francesi, pressoché sconosciuti al pubblico italiano: “La cantatrice calva” di E. Ionesco, “Un gesto per l’altro” di Jean Tardieu, “Il sistema uno e due” di Georges Neveux.

L’inconsueta iniziativa del gruppo e del proprietario del Caffè, Luigi Bonino, viene sostenuta dalla stampa locale, che si rallegra per la nascita di un teatrino alternativo e si congratula con la Compagnia sia per la scelta del repertorio, assente dai  cartelloni dei Teatri Stabili e delle Compagnie di giro, sia per l’originale scelta registica, (sin dal primo spettacolo del regista Massimo Scaglione), caratterizzata da: una recitazione veloce, brillante, attenta a risaltare i passaggi  comici dei testi e l’impiego di materiali di uso comune (lane, stoffe, spugne, scatole di cartone) che lavorati si trasformano in arredi scenografici e costumi di grande effetto.

Per due stagioni il Teatro delle Dieci propone, con successo sia a Torino sia nelle importanti piazze di Bologna, Genova, Venezia, testi del cosiddetto Nouveau Theatre, atti unici che non compaiono mai nei cartelloni dei teatri ufficiali.

Nella stagione 1959/60 abbandona la saletta del Bar Augustus e si trasferisce, con l‘aiuto di Renzo Ventavoli, in un teatrino da 66 posti ricavato nel Ridotto del cinema Romano presso la Galleria Subalpina di Torino: la nuova sede stabile permette maggiori possibilità di allestimento con il conseguente abbandono dell’atto unico e la messinscena di spettacoli dall’allestimento più impegnativo. Tale sede rimarrà stabile per dieci stagioni teatrali, fino al 1970.

In questi anni di attività, in cui la Compagnia si compone di attori che partecipano a vario titolo (come soci fondatori, scritturati per più stagioni, scritturati per pochi spettacoli e così via), il buon esito dei lavori eseguiti è garantito dall’impegno, dalla coerenza, dall’elevato spirito critico degli artisti e soprattutto dalla costante presenza del “drammaturgo-consigliere” Gian Renzo Morteo, traduttore di Ionesco e docente presso la Facoltà di Lettere.

A Morteo si attribuisce il ruolo di guida intellettuale del gruppo; è per suo tramite infatti che la Compagnia conosce i testi della neoavanguardia francese, inaugurando, con “La cantatrice calva (1958), quel filone, chiamato “teatro dell’assurdo”, che la distinguerà.

Col passare del tempo all’interno del repertorio si possono riconoscere quattro indirizzi di ricerca seguiti dalla Compagnia:

– la neoavanguardia francese e internazionale (Ionesco, Tardieu, Beckett, Richardson, Mortimer, Simpson, Adamov, René De Obaldia, Genet, Vian, Arrabal; accomunati dal rifiuto delle tradizionali formule di struttura e linguaggio drammatico);

– la valorizzazione degli autori italiani contemporanei (Pugnetti, Magnoni, Fayad, gli sconosciuti: Buridan, De Maria, Sarzano, Pretti; e i più noti Primo Levi, Arpino, Sciascia, Campanile, Lagorio, Flaiano, Pavese, Montanelli, Simonetta e Zucconi, Terron; che propongono un linguaggio drammaturgico “nuovo” nel panorama corrente.

– la riscoperta della tradizione popolare piemontese (con gli spettacoli: “Canzoniere piemontese” curata da Sandro Gindro, “La Brofferiana” di Franco Antonicelli, “Le farse” di Giovan Giorgio Alione, “Adramiteno” di Stefano Gavuzzi; spettacoli pensati non in chiave nostalgica ma come incontro di ricerca e tradizione  locale);

– la rivisitazione dei classici con la messinscena di testi poco rappresentati (“Gli amanti timidi” di C. Goldoni, “Il divorzio” di V. Alfieri ; testi sconosciuti di autori noti, riletti in chiave moderna).

 

Per merito del Teatro delle Dieci alcune opere sono rappresentate in Italia per la prima volta: è il caso di “Amedeo o come sbarazzarsene” di Eugene Ionesco, “Le serve” di Jean Genet (1960), “L’ostaggio” di Brendan Behan, “Lo Schmurz, ovvero i costruttori di imperi” di Boris Vian, “Fando e Lisa” e “L’architetto e l’imperatore d’Assiria” di Fernando Arrabal.

La messinscena degli spettacoli non è sperimentale solo per la scelta dei testi rappresentati ma anche per le tecniche interpretative adottate: rottura con l’accademismo, grande padronanza tecnica, ritmo serrato, spiazzamento dello spettatore e ricerca di uno stile il più “originale” possibile.

In questi anni di attività (all’Augustus e al Ridotto) il Teatro delle Dieci vede allargarsi il proprio pubblico, inizialmente selezionato ma via via sempre più eterogeneo.

L’atteggiamento della critica locale in generale è abbastanza favorevole all’iniziativa del gruppo  ma la vera affermazione arriverà attraverso le frequenti tourneé in tutta Italia, da Milano a Palermo.

A causa delle divergenze di ideali – siamo in pieno fermento politico – dei contrasti interni, dell’abbandono della Compagnia di alcuni elementi fondamentali, che preferiscono continuare la carriera altrove e della mancanza di finanziamenti pubblici, l’esperienza presso il ridotto del Romano finisce nella stagione 1969/1970 (l’ultima produzione è “L’architetto e l’imperatore d’Assiria” di Fernando Arrabal). Il Teatro delle Dieci, che rappresenta l’unica alternativa al teatro pubblico in Piemonte, sospende la produzione teatrale fino al 1978.

Dopo questa lunga pausa, la Compagnia rinasce con una nuova sede, quella del Teatro Nuovo di Torino, dove sarà inaugurata la stagione 1978/1979 con una nuova edizione de “La cantatrice calva”. Con questo spettacolo si ripercorre il vecchio filone dell’avanguardia, che ormai è diventata “storica”, ma i tempi sono cambiati e nasce l’esigenza di proporre un repertorio più commerciale; la scelta cadrà su i gialli di Agatha Christie. Il successo di “Trappola per topi” è paragonabile a quello dei primi anni de “La cantatrice calva”.

Presso il Teatro Nuovo inizia il lavoro del “Centro di Formazione Teatrale Alberto Blandi”, una scuola di recitazione da cui usciranno alcune tra le forze teatrali più significative di questi anni, si ricordano: Mauro Avogadro, Giulio Base, Walter Malosti, Marcido Marcidoris, Paola Roman.

L’attività scolastica proseguirà nei vari teatri di Torino, seguendo gli itinerari della Compagnia.

Dal punto di vista pedagogico la scuola non si limita ai corsi di recitazione ma dà vita a vere e proprie rassegne destinate agli attori emergenti (“Recito dunque sono”) e inserisce nei suoi spettacoli i giovani più meritevoli.

Negli anni ‘83-‘84 la Compagnia trasloca nuovamente e trova ospitalità, per brevi periodi o per intere stagioni, in teatri come: il Teatro Gobetti (1984/85); il Teatro Massaia Borghiere (1985/86); il Teatro Mirafiori (stagioni 1986/87- 1987/88-1988/89); il Teatro di Torino, ex Teatro Massaua (1989/90).

Nel 1988 prende fissa dimora in V. Leinì a Torino dove rimane fino al 2010.

Nel corso di questi anni continua la diffusione del teatro piemontese attraverso la rappresentazione di spettacoli storici (“Il Canzoniere”, “La Brofferiana”, “Le farse”) ma parallelamente cresce l’attenzione per la nuova drammaturgia locale: la Compagnia realizza con ottimo successo la messinscena di: “El serv” di Bianca Dorato, Neut ’d tormenta” di Remigio Bertolino, “J’isirari” di Silvio Viberti, “Come ‘n vol ed farfalin-e” di Michele Bonavero; opere vincitrici del Concorso Regionale “Premio per un testo teatrale nelle lingue del Piemonte”.

Alla fine degli anni ’90 il repertorio del Teatro delle Dieci si arricchisce di spettacoli confezionati con materiale composito, tratto dalla cronaca, da documenti e da testi letterari. Tra i temi che affronta si nota una felice predisposizione ad occuparsi della sfera femminile, con gli spettacoli: “Se ben che siamo donne”, “Donne con i grembiuli”, “Voci di donne del Piemonte”, “Le mamme” di Terron, “Maria Urtica-un ‘infanzia nel ‘45” di Maricla Boggio. (ricostruzione storica a cura di Vanessa Giuliani)

I tempi recenti

A partire dall’anno 2000, la compagnia viene completamente ristrutturata, nelle persone, nella metodologia di lavoro e nella forma societaria, da cooperativa diventa associazione culturale.

Un nuovo gruppo di artisti, si propone di raccoglierne la lunga eredità per cercare nuove direzioni teatrali e gestionali, si fa “impresa” e diventa  organizzatrice di eventi attraverso progetti di rassegne, festivals, laboratori didattici strutturati, oltre alla normale attività produttiva di spettacoli e alla mai ininterrotta attività del Centro di Formazione Teatrale.

Nel 2005 e fino al 2010 prende vita  inoltre il progetto di Residenza Multidisciplinare del Territorio Pedemontano, sostenuto dalla Regione Piemonte, con sede al Teatro Coassolo di Cantalupa, uno spazio dove sperimentare i nuovi lavori e creare cultura teatrale.

La scomparsa del regista fondatore nel 2015, ha rimesso in gioco le varie energie in seno alla compagnia, che si è data nuovi obiettivi attraverso un rinnovamento delle proprie linee artistiche, che ne raccolga l’eredità ma che, nello stesso tempo dia vita a nuove metodologie, collaborazioni, direzioni. Gli allestimenti degli ultimi anni hanno infatti riguardato alcuni testi storici come “La Cantatrice Calva” di Ionesco e “Procacciatori D’Affari” di Primo Levi (venuto in luce grazie alla sua collaborazione diretta con Massimo Scaglione che lo rappresentò nel settore della prosa televisiva RAI negli anni ‘70) e anche nuove pieces come “Barbablu” co-prodotto con Envers Teatro di Aosta con il sostegno del Sistema Teatro Torino e della Fondazione Tpe. Ulteriore direzione di lavoro è stata intrapresa a partire dal 2015, con l’evento “Il Magico Paese di Natale” di Govone (Cn) nell’ambito del teatro turistico, in collaborazione con l’Associazione GenerAzione e la Tourism Management srl. L’attuale formazione è composta da alcuni attori e registi di esperienza, come Bruno Anselmino, Maria Paola Bardelli, Pietro Giau, Fulvia Roggero, Vincenzo Santagata affiancati dal collettivo under 35 ControRealtà formato da Stefano Bossi, Amos Mastrogiacomo, Elisa Mina e Maria Alessandra Rizzone. Le sfide continuano, attraverso nuovi progetti e nuovi palcoscenici.